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Una Finanziaria che punta solo a passare ‘a nuttata

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– La Finanziaria per il 2010 non è ciò di cui il Paese avrebbe bisogno. “Nenè”, l’ha definita Tito Boeri: né rigore, né sviluppo. E sinceramente è arduo trovare una definizione migliore. L’argomento usato dal ministro dell’Economia, e cioè che il drammatico calo delle entrate in questa stagione di crisi (10 miliardi in meno nel 2009 rispetto al 2008) imporrebbe strategie da “primum vivere” e nulla più, trova purtroppo due obiezioni sul fronte delle uscite: anzitutto, la contestuale diminuzione della spesa per interessi (6 miliardi in meno) riduce non di poco l’entità della tesi tremontiana;  secondo, come avverte ancora Boeri, se siamo in crisi (e lo siamo), perché abbiamo lasciato la spesa primaria (cioè la spesa al netto degli interessi) crescere di ben 34 miliardi di euro in un anno?

Non è stato certo il ministro dell’Economia ad aprire a dismisura i rubinetti della spesa, cosa che il nostro non manca peraltro di sottolineare: la spesa aumenta strutturalmente nel comparto pensionistico (leggasi maggiori trasferimenti dalla fiscalità generale al bilancio Inps), nella sanità, nel pubblico impiego. Ma per continuare con la metafora idrica, è forse meno responsabile colui che, vantandosi di non aprire il rubinetto, non aggiusta i guasti delle tubature?

Sullo scudo fiscale si va consumando una tradimento: quanti – ed il sottoscritto vi si include – hanno difeso il provvedimento sul rientro dei capitali in un’ottica pragmatica, sottolineando come all’accesa e legittima competizione fiscale dei paradisi si può rispondere solo con “offerte” altrettanto allettanti, difficilmente avrebbero potuto immaginare un uso più dissennato e deludente del gettito fiscale. Con un’entrata straordinaria è possibile fare tre cose: spendere di più, abbattere una piccola ma sempre significativa quota di debito pubblico o chiedere eccezionalmente meno tasse ai contribuenti. Considerando difficilmente realizzabile la seconda opzione, in un focus dell’Istituto Bruno Leoni si era proposta la terza, con la trasformazione delle entrate una tantum dello scudo in uno “sconto fiscale” (una detrazione Irpef per il 2010).

Va da sé che il Governo ha scelto invece la prima soluzione, l’aumento della spesa, e lo ha fatto nella maniera peggiore, dilapidando i 3,7 miliardi incassati in decine di micro-interventi. Di questa somma, poco meno della metà (1,7 miliardi circa) verrà speso per una lista che pare quella di una massaia: fondo di solidarietà degli agricoltori; libri di testo gratuiti; finanziamento del 5 per mille; sostegno alle scuole non statali; sostegno all’autotrasporto; stabilizzazione degli Lsu di Napoli e Palermo e degli occupati presso gli istituti scolastici; contributi alle associazioni dei combattenti; fondi per il Belice (colpito dal sisma del gennaio 1968); contributi a favore degli esuli di Fiume, Istria e Dalmazia; contributi in favore dell’Unione italiana ciechi, del Museo statale tattile Omero, della biblioteca italiana per i ciechi a Monza; fondi per le vittime del terrorismo, per l’Istituto mediterraneo di ematologie, per il Policlinico San Matteo di Pavia; fondi per le popolazioni dell’Abruzzo (risorse aggiuntive a quanto già stanziato); finanziamento di alcuni consumi intermedi della giustizia. Di alcuni di questi interventi di spesa possiamo anche trovare buone motivazioni, ma è evidente l’assenza di prospettiva del provvedimento nel suo complesso.

Non ci sono, in questa Finanziaria, le tanto evocate e promesse misure supply-side di riduzione della pressione fiscale agli individui ed alle imprese. Non ci sono misure strutturali di contenimento dei grandi centri di spesa. Le poche note positive (l’alleggerimento delle procedure necessarie per l’alienazione di immobili statali o la riproposizione delle misure di detassazione del salario di produttività) affogano nel mare magnum di una manovra dalla vista e dal fiato corto. Non pretendiamo che si pensi alle future generazioni, basterebbe che si lavorasse per le prossime elezioni: l’obiettivo dei responsabili della politica economica italiana pare invece essere diventato quello di passare semplicemente ‘a nuttata.

Un dubbio ci assale: ma Berlusconi queste cose le sa?


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